Montecalvo e dintorni...

Il mio paese è un frammento d'Irpinia da cui diversi anni fa iniziò questo viaggio; un percorso che da qui abbraccia l'intera terra dei lupi e che spesso non disdegna di sconfinare. È una continua scoperta di luoghi, storie e persone ma soprattutto è un cammino che tutti dovrebbero provare.

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lunedì 24 marzo 2014

Montecalvo in cartolina: 5^ parte.




Pubblicato da Gianluca Cardinale alle 10:16 Nessun commento:
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Etichette: Foto Gianluca Cardinale, Madonna dell'Abbondanza, montecalvo e dintorni, Montecalvo Irpino, San Pompilio, vecchie foto
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I giovani lasciano Montecalvo!

“Emigrazione” è una parola a cui un po’ tutti i montecalvesi, sono in qualche modo collegati. Quale famiglia di Montecalvo non ha tra i propri parenti, persone che negli anni passati hanno lasciato il paesello in cerca di una vita diversa? I compaesani sparsi nel mondo si contano a centinaia, forse migliaia, dal nord Italia alla Germania, dalla Svizzera all’Inghilterra ma anche Stati Uniti, Argentina, Venezuela e Australia. Quante persone agli inizi del secolo scorso, con la famosa valigia di cartone e le lacrime agli occhi, sono andate via con la speranza di un futuro migliore? E poi ancora, le migrazioni avvenute intorno agli anni settanta, con la speranza di un posto di lavoro e una vita dignitosa per la propria famiglia. Storie di miseria, mancanza di lavoro e tristi addii; vicende condite con la speranza di fare rientro nella propria terra e la consapevolezza di non potere forse, mai ritornare. Basta dare un’occhiata al libro “My name is Pumpilio” di A. De Cillis e al gruppo Facebook “Montecalvesi nel mondo”, per rendersi conto dell’enorme numero di persone di origini locali sparse nei luoghi più disparati.

Ma questa oramai, è storia acquisita. Il problema è che, nonostante il passare degli anni, il fenomeno si ripresenta periodicamente. Forse non molti vi avranno prestato attenzione, ma i giovani compaesani che hanno lasciato il paese nell’ultimo anno per cercare di crearsi un futuro (soprattutto in Svizzera), non sono pochi. A questo punto viene da chiedersi: come è possibile che dal dopoguerra a oggi, non sia stato fatto assolutamente nulla per creare sviluppo nei nostri territori? Perché non si è voluto capire che la partenza di tanti ragazzi e famiglie distrugge il futuro del paese? Chi non ricorda il gran numero di persone che passeggiava “giù al Piano” fino agli inizi degli anni novanta? Ecco, questi ormai sono solo ricordi, in quanto oggi Montecalvo risulta vuoto, senza “movimento”, le attività commerciali chiudono o stentano, e di conseguenza senza lavoro, la gente lascia il paese. Un altro modo per capire cosa poteva essere Montecalvo, è pensare alla quantità di persone che affollano le nostre strade nella stagione estiva durante il periodo vacanziero. È tutta gente che poteva vivere qui!

Provate solo a immaginare, per un minuto, le conseguenze positive se tante persone avessero avuto la possibilità di lavorare, vivere e spendere danaro nel nostro paese. Sarebbe opportuno inoltre, fare in modo che tutti gli emigranti montecalvesi, non spezzassero il cordone ombelicale che li lega al loro paese natale. Un’iniziativa lodevole è sicuramente quella intrapresa un po’ di anni fa dall’ente comunale, il quale fece arrivare una cartolina natalizia con immagini di Montecalvo ai vari conterranei nel mondo. Un modo semplice, che può risvegliare in tante persone, il bisogno di visitare i luoghi di origine della propria famiglia e perché no, di ritornarvi o investirvi.

La comunità di Tressanti e la festa di Santa Teresa.

A pochi chilometri dal centro urbano di Montecalvo, sulla strada provinciale San Vito – Apice, sorge una comunità, quella di contrada Tressanti che seppur collocata sul confine territoriale con Ariano Irpino è indissolubilmente legata al paese che diede i natali a san Pompilio. Si tratta di una vasta zona a forte vocazione agricola, spruzzata di tanto in tanto di qualche piccolo pezzo di macchia, terreno fertile per gli asparagi tanto ricercati nel periodo primaverile. Da qui, affermano alcuni studiosi, proveniva una parte dei primi cittadini di Montecalvo, ma di questo scriveremo in un’altra occasione. Poniamo oggi la nostra attenzione sull’elemento che sicuramente funge oramai, da quasi sessanta primavere, da collante per la gente del posto: la chiesa dedicata a Santa Teresa del Bambino Gesù. Costruita nel 1954, è stata nel corso del tempo, testimone silenziosa di tanti matrimoni, battesimi, momenti felici e purtroppo pure tristi, che hanno caratterizzato la vita di questa comunità parrocchiale di cui fanno parte anche gli abitanti delle vicine contrade Cervo e San Nicola a Trignano. Nei locali adiacenti la struttura religiosa, sembra ancora di sentire le grida festose di tanti bimbi che nei vari decenni hanno frequentato qui le scuole primarie, prima della costruzione del moderno complesso scolastico sito in contrada Palazzisi. Da tanti anni, il suono della campana collocata sulla chiesa, richiama le genti del luogo a partecipare alle funzioni religiose, prima fra tutte, la festività in onore di santa Teresa, tanto cara ai fedeli della zona. È ancora vivo il ricordo, soprattutto tra i più adulti, di vecchie immagini inerenti la giornata dei festeggiamenti: l’oramai scomparsa fiera del bestiame che si svolgeva nelle ore mattutine, giovani fanciulle che “a spalla” portavano la sacra statua in processione, il tradizionale gioco della pignatta. Il tutto era contornato dal tipico odore di noccioline, pastette e biscotti che in bella mostra sui banchi dei commercianti ambulanti, facevano venire l’acquolina in bocca ai passanti. Ai giorni nostri, queste usanze sono in gran parte mutate o scomparse, mentre è rimasta viva la tradizione dello stare insieme a pranzo, con parenti e amici. “Vedi che il giorno di santa Teresa devi venire a mangiare a casa”: questa è la frase con cui si rinnova, di anno in anno, il cerimoniale. Sfogliando le pagine della memoria, ecco apparire la figura di padre Attilio e del “bustone” di caramelle per i più piccini che aveva sempre nella sua Fiat 126, nonché la famosa mille Lire per il gelato che regalava ai ragazzini che avevano servito messa. Oramai finita nel dimenticatoio la Festa della Croce che si svolgeva il 3 maggio di ogni annata fino agli inizi degli anni settanta. Ritornando ai giorni nostri, sembra ancora di vedere le sacre statue della Madonna di Fatima e di san Pompilio affiancate a quella di santa Teresa nell’omonima cappella, nonché le reliquie della stessa santa e del Pirrotti ospitate sempre nella piccola chiesa di Tressanti alcuni anni fa. Altro esempio di grande fede è rappresentato dalla processione che da qui, prima ancora del sorgere del sole, parte alla volta del convento di Sant’Antonio di Montecalvo, in occasione delle celebrazioni in onore del santo di Padova. Infine, citazione obbligata per il coro parrocchiale, la cui esecuzione canora più bella e di cui si consiglia l’ascolto, è sicuramente quella della notte di Natale.

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Storie di Pratola

Montecalvo, paese della cui storia si è già tanto scritto in passato, presenta ancora numerose pagine sconosciute e legate perlopiù alla tradizione orale tramandata dagli anziani. Oggi parliamo di una zona periferica montecalvese: contrada Pratola, un posto come tanti per molti ma che conserva innumerevoli storie da raccontare e far conoscere. Quella che proponiamo nelle righe qui sotto, non è altro che un riassunto delle nostre impressioni e delle parole narrateci da un anziano signore del luogo durante una passeggiata in una calda giornata primaverile.

Partiamo dall’antico abbeveratoio di Pratola. Situato nella parte bassa di questo territorio, appare in tutta la sua maestosità a chi lo contempla, facendo capire da subito l’importante ruolo che ha ricoperto in passato, nell’oramai quasi dimenticato mondo della cultura contadina. Quanti pastori e allevatori hanno portato qui le loro bestie durante le torride giornate estive di pascolo. E ancora, quante signore e bambini hanno percorso diverse centinaia di metri, semmai a piedi nudi, per venire a riempire le loro anfore d’acqua fresca per uso alimentare e domestico. Una signora del posto, che vive da un po’ di anni fuori Montecalvo, ci ha fatto sapere che nel periodo della sua adolescenza utilizzava la vasca dell’abbeveratoio come piscina insieme ai propri coetanei. Continua dicendo che era un modo semplice per divertirsi, lontano dalle abitudini dei giovani d’oggi. Lo osserviamo ancora da vicino e vediamo uno spazio vuoto là dove una volta era collocata un’antica epigrafe in latino legata all’esistenza di Pratola. Da un sito web d'informazione locale, abbiamo appreso che la lapide è stata asportata da ignoti (?) nel lontano anno 2003. Ebbene sì, questa vasta striscia di terra può vantare una storia più importante di quella che si potrebbe pensare. Infatti, secondo fonti storiche, qui era situato un antico nucleo abitativo romano e ancor prima, probabilmente sannita. Alcuni studiosi di cultura del territorio affermano senza dubbio, che una parte dei primi abitanti di Montecalvo provenisse da qui e dalla vicina zona di Tressanti.

Lasciamo l’abbeveratoio e ci inoltriamo a piedi nei terreni agricoli circostanti. Notiamo un’infinità di piccoli frammenti di terracotta e di altro genere. Non ci è difficile trovare alcuni pezzi di antichi vasi che variano da un colorito beige ad altri in tinta nera. Continuando il nostro cammino, ci imbattiamo in un anziano abitante del luogo. Gli chiediamo un po’ di notizie sull’oramai scomparsa masseria di Pratola.

Inizia la narrazione partendo dagli anni quaranta e la masseria era lì, secondo i racconti del posto, da almeno trecento anni. Era di proprietà della famiglia De Cillis di Montecalvo e vi lavoravano un gran numero di persone, appartenenti per lo più alle famiglie Lo Conte e Frusciante. I De Cillis possedevano una proprietà terriera di oltre quattrocentocinquanta tomoli, di cui una piccola parte fu donata da don Pompilio per la costruzione della chiesa di San Nicola a Trignano, intorno agli inizi degli anni cinquanta. Ricorda il giorno in cui fece la sua apparizione nei campi, il primo trattore cingolato. I contadini e braccianti presenti non credevano ai propri occhi, tanta era la quantità di lavoro che riusciva a fare quell’ammasso di ferro e ingranaggi. Vi era inoltre, un grande recinto per le pecore costruito in pietra e avente forma di ferro di cavallo, il quale sarebbe venuto a mancare in gran parte, a seguito del terremoto del 1980. La suddetta famiglia possedeva, a sua memoria, circa centotrenta ovini e c’era una persona addetta al pascolo.

All’interno della struttura era presente anche una cappella, dove gran parte degli abitanti della zona si recava per la Santa Messa, in quanto le chiese presenti oggi sul territorio sarebbero state costruite solo negli anni a venire.

Ci incamminiamo verso la “macchia” di Pratola. Inoltrandoci in essa, veniamo distratti dalla presenza di numerosi asparagi a bordo strada e ci dilunghiamo a raccoglierli e cercarne altri. Accenno a un grosso serpente avvistato da me lo scorso anno nello stesso periodo. L’anziano signore non perde tempo. Mi dice che questa bestia o una simile, è stata avvistata più volte nel corso degli anni da lui e da altre persone che si recavano nei campi e nella boscaglia. Vivo è in lui il ricordo dei “canali” che lasciava il grosso rettile nella terra arida e polverosa durante le estati degli anni passati, soprattutto nei pressi del già citato abbeveratoio. Continua narrando un fatto, avvenuto una quindicina di anni addietro, secondo cui il proprietario di un piccolo appezzamento di terreno dopo aver avvistato il serpente da vicino durante il lavoro, da quel giorno non si fosse mai più recato in quel luogo, tanto grande era stato lo spavento.

Ci fermiamo a riposare all’ombra di un albero. Mi fa notare la presenza di due uccelli rapaci che volano nel cielo sopra di noi. Mi dice che si tratta di poiane e che ve ne sono tre coppie nel bosco. Continua raccontandoci storie di cinghiali e dell’ultima novità di cui è venuto a conoscenza tramite amici: il probabile avvistamento di un lupo. Siamo senza parole. Mai avremmo pensato che tramite un incontro fortuito, saremmo venuti a sapere di tanti aneddoti riguardanti quest’area.

Ci accenna ancora, ricordando i racconti ascoltati da bambino, di contrabbandieri che in sella alle loro giumente si inoltravano di gran carriera nella macchia per sfuggire alle guardie e di briganti che dimoravano in questi posti e nelle grotte di Tressanti. Il nostro sguardo vaga ora in lungo e largo per contrada Pratola, cercando di immaginare come potesse essere la vita in questi luoghi nei secoli passati. La nostra attenzione viene catturata dal rombo di un motore proveniente da un moderno kartodromo costruito in zona. Il nostro “Cicerone” ci dice che da quando la struttura ha aperto, la frazione ha ripreso vita, in quanto si è creato un viavai di giovani appassionati. Il discorso volge infine, inevitabilmente al fatto recente più importante: il concerto di Nino D’Angelo “a Pratola” tenutosi lo scorso settembre. Ci narra dello stupore nel vedere un concerto con una folla di migliaia di persone in un terreno che da sempre è stato dedicato quasi esclusivamente alle colture agricole, e del fatto che ciò verrà ricordato e raccontato per molti anni.

Purtroppo il tempo a nostra disposizione termina e dobbiamo lasciare a malincuore l’anziano signore che ci ha guidato in questo pomeriggio all’insegna di vecchie e interessanti storie “di Pratola”.

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